Nel 1973 Zimbardo e collaboratori pubblicarono un annuncio sul giornale per reperire soggetti per una ricerca sulla vita nelle prigioni. Risposero 75 giovani della scuola di Palo Alto di cui ne vennero scelti 24, casualmente suddivisi in due gruppi. Un gruppo avrebbe svolto il ruolo di detenuto: obbligati ad indossare divise con un numero identificativo stampato, con berretto e una catena alla caviglia. L’altro gruppo avrebbe fatto le guardie, con uniformi color arancioni, occhiali a specchio, dotati di manganello, fischietto e manette. L’esperimento era programmato per una durata di due settimane: i detenuti vennero prelevati dalle loro case simulando un arresto per rapina, tuttavia l’esperimento venne fatto terminare prima della conclusione prevista. Perché?

Il primo giorno di esperimento trascorse tranquillamente ma già dal secondo i detenuti organizzarono una rivolta denunciando un atteggiamento sadico da parte delle guardie le quali li avrebbero svegliati di notte costringendoli a compiere azioni umilianti. Le dinamiche aggressive continuarono, le guardie imposero regole rigide, rituali sadici, mostrando atteggiamenti ostili e punitivi che provocarono  sintomi di scompensi emotivi nei detenuti. Alcuni di questi ultimi infatti vennero liberati per evitare danni psicologici. Nonostante la casualità dei ruoli assegnati i soggetti impiegarono pochissimo tempo per assumere i valori trasformandosi rispettivamente in aguzzini e in prigionieri depressi. Le identità si rimodellarono a seguito della situazione sperimentata che li condusse ad acquisire un diverso comportamento e atteggiamento.

Perché accade? Perché si può diventare cattivi?

Le condotte lesive vennero innanzi tutto causate dalla de-individualizzazione due tratti individuali a cui erano stati sottoposti attraverso per esempio l’abbigliamento indossato che li privava delle loro caratteristiche distintive.  L’anonimizzazione influenza il funzionamento cognitivo perché limita le abilità di pianificazione del comportamento.

Si riscontrò anche una modificazione neurofisiologica nelle aree del cervello sede del pensiero e del ragionamento e un’attivazione delle aree predisposte ad un comportamento reattivo a seguito di una minaccia.

Oltre allo spogliare i soggetti delle caratteristiche identitarie anche il conformismo contribuisce all’assunzione di condotte lesive. In un contesto nuovo, non conosciuto, in cui il soggetto non può attivare schemi di comportamento già sperimentati è possibile che la persona utilizzi gli altri per trarre informazioni rispetto come dovrebbe comportarsi.

Cosa significa? Si imita il comportamento dei soggetti che si ha a fianco. Anche per i soggetti che facevano parte dell’esperimento il contesto era completamente nuovo, alcuni reagirono con durezza e aggressività alla frustrazione vissuta, producendo negli altri l’imitazione del comportamento aggressivo perché unico modello di comportamento disponibile. Per di più era evidente che i soggetti si dovevano adeguare al gruppo a cui appartenevano poiché in caso contrario rischiavano di essere disapprovati.

I tratti che causano comportamenti aggressivi quindi non erano pre-esistenti o innati ma il ruolo assunto, il potere esercitato e subito, la situazione che simulava un’istituzione totalizzante e inconsueta ha portato ad assumere schemi di comportamento non abituali.  La forza della situazione nel determinare le reazioni aggressive venne successivamente rinominata dall’autore dell’esperimento “effetto Lucifero”.

È necessario aggiungere che ad oggi alcuni ricercatori non ritengono questo esperimento sufficientemente veritiero poiché nella sua realizzazione si sono notati nel tempo troppi problemi. I risultati sono considerati dubbi ed hanno acceso un intenso dibattito riguardo questo esperimento, caposaldo della psicologia sociale.

 

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