Non è il paziente a scegliere la terapia il paziente sceglie il terapeuta, sceglie il professionista a cui affidarsi in un momento di difficoltà e lo fa attraverso una serie di elementi che magari cerca su internet approfondisce le specializzazioni che ha il terapeuta e ascolta le sensazioni che ha a riguardo. Ci sono tanti aspetti e fattori che entrano in gioco nel momento in cui si sceglie un terapeuta, tuttavia un paziente sceglie il terapeuta e non la terapia. Molte volte mi capita di ricevere telefonate in cui mi viene detto “vorrei fare quella terapia”. Esistono infatti molte terapie anche conosciute e individuate ai più come strumenti per intervenire su un problema specifico ad esempio ad oggi va molto di moda la mindfulness o l’emdr. Come queste ce ne sono molte e il paziente può giustamente informarsi recuperando nozioni, ritiene che possano essere per lui l’intervento efficace quindi lo richiede al terapeuta che trova. Può essere che queste tecniche siano effettivamente degli interventi su di lui efficaci perché magari ha trovato una certa correlazione tra ciò che vive e le caratteristiche che vengono descritte. Tuttavia è sempre e solo il terapeuta che deve valutare qual è il tipo di trattamento necessario a generare appunto la cura, facilitare il cambiamento della persona. Un terapeuta, dal mio punto di vista, non può accettare passivamente una richiesta di questo tipo come invece a volte capita di vedere semplicemente per avere un paziente in più ed applicare un metodo che si sa utilizzare.

Il terapeuta deve valutare qual è la situazione specifica che il paziente porta, qual è il disagio, qual è il disturbo e poi di conseguenza andare a strutturare un intervento appunto che sia efficace, che talvolta può prevedere la condivisione e l’accordo sulla metodologia proposta dal paziente. Altre volte invece il terapeuta deve riuscire a spiegare che l’intervento necessario deve essere diverso da quello che magari originariamente il paziente si aspettava per fare questo è necessario fare una fase di consultazione quindi dedicare i primissimi incontri ad analizzare il problema comprenderlo, comprenderne le origini e comprendere anche quali sono le conseguenze ed eventuali strade e percorsi percorribili per affrontarlo. Senza questo di fatto si diventa dei distributori automatici di terapie che vengono scelte da altri e in un qualche modo ci si toglie dal ruolo di responsabilità che invece questo lavoro inevitabilmente prevede.  E’ vero che il paziente sceglie il terapeuta su tutta una serie di criteri e probabilmente anche in base al tipo di terapia che va ad offrire però il terapeuta deve avere la lucidità di valutare se effettivamente l’intervento proposto aiuta effettivamente o se invece è necessario proporre qualcosa di diverso. Se il terapeuta applica pedissequamente ciò che il paziente chiede di fatto di terapeutico non c’è probabilmente nulla e contemporaneamente si toglie efficacia al proprio intervento, il terapeuta stesso deve essere capace di interrompere, di sospendere, il percorso e direzionare magari il paziente verso un altro terapeuta senza dover necessariamente accogliere delle richieste che il paziente fa ma che poi non sono vantaggiose appunto all’interno del percorso di cura. Non è mai il paziente a scegliere la terapia ma è il terapeuta che si fa carico delle richieste che il paziente porta, valuta l’applicabilità del percorso e sceglie, propone l’intervento migliore. 

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